Questa dichiarazione di liberta' sembra a molti nemici di Padre PIo una
Sua ritrattazione e una confessione di verita' e ne esultano.
Allora il prof. Mario Cinelli, cronista capo dell 'Osservatore romano, con
l' assenso del card. vicario Angelo dell' Acqua, va da Padre Pio per chiedere
due cose:se Egli sia veramente libero e se la situazione a tutti nota sia
mutata in meglio.
Il Padre nega. Cinelli Gli chiede allora perche' abbia firmato.
" Figlio mio -risponde- mi hanno sforzato ".
Quando, pero', padre Clemente da Santa Maria in Punta manda all'Osservatore
Romano la dichiarazione di liberta' firmata da Padre Pio per farla pubblicare,
si vede respingere la richiesta.
Allora si reca personalmente al giornale e fa ferro e fuoco per ottenere
la pubblicazione. Ma invano.
Si rivolge allora alla Rivista settimanale l' Osservatore Romano della Domenica.
Come si vede nella sadica malvagita' di questa apparentemente benevola confessione
di liberta', il Padre viene costretto a fare cio' che non vuole, con subdola
diplomazia.
Cosi' e' avvenuto per il testamento, cosi' per la dichiarazione di liberta'.
In questo doloroso quinquennio (1060-1964 ) il Padre e' tormentato da malesseri,
capogiri, sfinitezza che Gli fanno sempre correre il rischio di cadere.
Ma Gli viene negato il sostegno, specialmente nel salire o discendere le
scale.
A chi Gliene parla, dice: " cado perche' mi sento mancare le forze; mi appoggio
al muro e cado un po' alla volta ".
Cade sulla scala che congiunge il coro grande al piccolo, cade nel bagno,
ove rimane giacente per due ore, cade tante altre volte.
Chi da' una mano ai seviziatori, a strapazzare e svillaneggiare il Padre,
in questi Suoi anni di vita e' il demonio.
Lui non manca mai, ma spesso si fa' vivo in prima persona.